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La sfida dell'educazione
Giornata mondiale degli educatori professionali
Il 2 ottobre si celebra la Giornata Mondiale degli Educatori professionali (EP). Promotori dell’iniziativa sono l’AIEJI (Associazione Internazionale degli Educatori) e per l’Italia l’ANEP (Associazione Nazionale Educatori Professionali). Quest’ultima, nata nel 1992, in questi giorni è stata riconosciuta come Associazione Tecnico Scientifica, evidenziando come il comparto sia in fase di trasformazione, dopo la recente nascita dell’ordine delle professioni sanitarie.
Il Trentino è stata una delle prime realtà locali ad attivare, già dal 1987, la formazione triennale, ora laurea di primo livello all’Università di Trento presso il Dipartimento di Psicologia e Scienze Cognitive in convenzione con Medicina di Ferrara. Una scelta azzeccata se pensiamo che il 100% dei laureati trova lavoro nei primi mesi dopo la laurea (alcuni già durante l’ultimo tirocinio) soprattutto negli enti del terzo settore ed il 100% dei laureati si reiscriverebbe allo stesso corso (dati Almalaurea).
Questa corrispondenza con i bisogni del territorio evidenzia la necessità per il Trentino di interventi sociosanitari a carattere educativo, ovvero centrati sul potenziamento dell’autonomia della persona nei percorsi di cura. L’EP interviene per forme di dipendenza da sostanze, sofferenza psichiatrica, disabilità psichica e fisica, disturbo alimentare, abbandono infantile, disagio adolescenziale, violenza domestica, emarginazione sociale, sfruttamento e tratta di donne immigrate, forme di demenza senile, famiglie in difficoltà, conflitti sociali nel territorio. Sono situazioni di estrema fragilità che nell’ultimo anno hanno sofferto maggiormente questa situazione di emergenza. Comprendiamo che l’EP è un lavoro relazionale appassionante ma difficile che, durante la pandemia, si è notevolmente complicato, dovendo da una parte difendere la salute e il distanziamento fisico e dall’altra lottando contro le logiche del distanziamento sociale (locuzione errata, fuorviante e paradossale) che ci fa pensare ad un deprimente isolamento e ai danni prodotti dalle disuguaglianze sociali, piuttosto che a comportamenti di protezione da un virus.
Questa concezione culturale della cura è affermata anche dalle Comunità di Accoglienza che in questi giorni organizzano la 7° edizione della Settimana dell’accoglienza “vogliamo provare a dare risposte alle persone più fragili, più in difficoltà – dice Claudio Bassetti presidente del CNCA Trentino - più allontanate da una società che non è molto accogliente nei confronti di chi non può produrre e può consumare”. Gli educatori delle comunità hanno una visione del mondo effettivamente diversa “divergente, a volte di forte contrasto; non solo per dichiarare una nostra propria visione – continua Bassetti - ma per praticare, sperimentare nuove strade, nuove prospettive, individuare nuovi modelli. Non vogliamo limitarci a curare le ferite, ad accogliere chi più fatica, ma affermare nuovi modelli sociali, più equi, inclusivi, giusti, capaci di riconoscere e tutelare diritti inalienabili, di restituire visibilità, dignità e futuro a chi ne è stato privato”.
L’educazione mantiene dunque un carattere di sfida allo status quo, in quanto è orientata al futuro e non solo alla riparazione di danni fatti in passato. L’educazione infatti si preoccupa che l’integrazione del giovane nella società avvenga potenziando la sua dimensione critica, ovvero la coscienza di poter affermare la propria diversità ed il proprio singolare talento. L’educazione non è dunque un acritico addestramento militare ma, come direbbe il pedagogista Marco Dallari, è anche possibilità di trasgressione alle regole dell’adulto, al fine di apprendere e maturare un proprio autonomo senso di responsabilità verso se stessi e gli altri.
Naturalmente la sfida dell’educazione richiede continuo studio ed aggiornamento. Il Congresso Mondiale dell’AIEJI è un'opportunità di migliorare le proprie conoscenze e scoprire modalità interculturali e multidisciplinari. Il prossimo appuntamento sarà nel 2022 a Losanna (CH) per lavorare sul tema della “temporalità” dell’azione educativa. Per Heidegger si riferisce al modo in cui "l'essere umano è temporale" ovvero fa parte di un progetto che prende significato dall'esperienza vissuta – il passato – e dall'apertura verso altre possibilità – il futuro. Diventare soggetto, essere se stessi, suggerisce quindi di essere proiettati verso un futuro, possibile. Ma l’emergenza pandemica ha messo in discussione la compatibilità tra i tempi individuali, sociali e istituzionali. Il rischio di derive autoritaristiche mascherate da emergenziali “motivi di forza maggiore” è reale. La sfida dell’educazione nel tempo odierno è quanto mai attuale.
Dario Fortin
L'Adige, Trento 2 ottobre 2021